Termoli - Guida Turistica

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Le origini
 Il problema delle origini della basilica-cattedrale di Termoli è certamente legato a quello delle origini della stessa città e della diocesi. Con la facciata che volge ad oriente, secondo antiche consuetudini e con un significato teologico molto preciso (il sole che sorge e inonda la navata centrale per tutto il suo sviluppo longitudinale dal rosone della facciata è simbolo di Cristo che con la sua presenza riempie la Chiesa), la maestosità dell’edificio domina e determina tutta la struttura urbanistica. Tentare di stabilire l’epoca in cui fu edificata è impresa pressoché impossibile; ipotesi e congetture non mancano ma restano comunque tali. E’ certo che all’inizio dell’XI secolo in Termoli c’era una chiesa dedicata a S.Maria, edificio preesistente a quello attuale e già cattedrale perché c’è testimonianza sicura della presenza del vescovo. Si può sostenere l’esistenza di un edificio premillenario (eccelesia maior sanctae Mariae); su questo venne poi edificato un più grande tempio nell’XI secolo (a cui appartengono mosaici ed absidi) (forse ad opera del vescovo Nicolaus?) che andò quasi completamente distrutto nel XII secolo, ad opera le lotte tra l’imperatore tedesco ed i normanni.  Tra la fine del sec. XII e l’inizio del XIII probabilmente si aprì il cantiere dell’attuale tempio, lavori che proseguirono per buona parte del secolo. Si sarebbero succedute allora tre costruzioni, la prima attestata da documenti, la seconda e la terza da inconfutabili tracce monumentali. Ipotizzare una datazione anteriore al X secolo, e tentare una ricerca di prove testimoniali storiche e archeologiche, sembra per ora eccessivamente aleatorio. Basilica Cattedrale, prospetto principale, prima bifora di sinistra, Annunciazione Sembra evidente che i lavori subirono alcune interruzioni soprattutto a causa di conflitti militari come in occasione dell’attacco alla città dalle galee veneziane del Papa contro Federico II. Ipotizzare lavori antecedenti agli ultimi anni del XII secolo diventa impossibile specialmente se si tiene conto che nel 1117 e nel 1125 Termoli fu scossa da due terremoti (che probabilmente compromisero gravemente l’antica “chiesa mosaicata” e decisero per un nuovo tempio) e che nel 1137 l’imperatore Lotario III conquistò la città, ottimo baluardo di difesa lungo la costa adriatica.
Committenti ed artisti
 Lo sviluppo più consistente della cattedrale si ebbe tra il XII e il XIII secolo, probabilmente nella prima metà del duecento, in piena epoca federiciana, anni abbastanza prosperi per il meridione ed anche per Termoli, nonostante le lotte tra Federico II ed il Papa. La facciata presenta quattro iscrizioni che si riferiscono ai facoltosi committenti di origine ravellese. La prima compare sull’ultima bifora della facciata (alla destra); l’iscrizione è stata letta in diversi da più di uno studioso. L’ultima lettura, quella del Mariani che contesta le precedenti su basi scientifiche, sembra essere la più attendibile: l’iscrizione (in latino) affermerebbe che l’edificio è stato finanziato da un certo Stasio, figlio di Giovanni Grimaldi, per la salvezza della sua anima. Un’altra iscrizione corre lungo il bordo della mensola che sostiene San Basso alla sinistra del portale dice: “il giudice Grimaldi ravellese fece scolpire questa statua”. Di quale Grimaldi si tratti non ci è dato di precisare. Esiste un documento d’acquisto di un terreno del 1153 firmato da Grimaldi giudice ordinario.
 L’unica certezza sembra essere questa, che cioè ci troviamo dinanzi a cittadini di Ravello abitanti in Termoli, già devoti di San Basso oltre che inseriti nella vita termolese a pieno titolo. La terza iscrizione si trova sulla mensola alla destra del portale, sotto quella che doveva essere la statua di S.Timoteo. L’iscrizione dice: “questa statua fu fatta costruire da Afflitto…”. Si tratta forse di un’altra famiglia ravellese che nel XII secolo conobbe un periodo di ascesa e accresciuta floridezza. Della quarta iscrizione, quella posta nella lunetta del portale, lungo la cornice inferiore della scena della purificazione, resta solo qualche lettera; forse sarebbe stata l’iscrizione più importante, certo è la più contestata perché la più incerta. Basilica Cattedrale, prospetto principale, prima bifora di sinistra Riguardo all’attribuzione della facciata, se non di tutto l’edificio, al famoso Alfano da Termoli (cui è attribuita la realizzazione il ciborio della cattedrale di Bari) mancano elementi storici e scientifici certi. Inoltre oscillanti attribuzioni cronologiche e differenze stilistiche farebbero concludere che il genio di Alfano poco o nulla ebbe a che fare con la Cattedrale. Anche perché la decorazione scultorea della facciata, assai ricca e varia, rispecchia un orientamento caratteristico del gusto ornamentale che molti studiosi rilevano come elemento comune in molte opere realizzate da maestranze abruzzesi e pugliesi operanti tra il XII e XIII secolo. Gli stessi studiosi nel tentativo di trovare un modello a cui queste maestranze hanno fatto riferimento sono concordi nella individuazione di una precisa relazione con opere realizzate nella Terra Santa. Sulla facciata sono presenti tracce di colore, con tarsie realizzate con terracotta invetriata e tracce di lamine d'oro. Inoltre l'armoniosa fusione delle parti all'interno delle sculture, che si caratterizza per l'abbondanza del traforo e per la ricchezza del dettaglio, è ottenuta con una tecnica assimilabile a quella dell'incastonatura delle pietre preziose. La facciata della Cattedrale in origine doveva raggiungere effetti di ricchezza smagliante. Basilica Cattedrale, prospetto principale, portale, particolare mensola di sinistra Vediamo di ripercorrere il faticoso e travagliato cammino che ha condotto la Cattedrale fino ai nostri giorni così come alla nostra generazione è stata consegnata. Forse i guai cominciarono molto presto. Nel 1239 i Veneziani, alleati del Papa contro Federico II, saccheggiarono le coste adriatiche del regno meridionale; alcune cronache del tempo di testimoniano che anche il litorale tra Termoli e Vieste subì attacchi dei veneziani che notoriamente non si lasciavano prendere da scupoli nemmeno dinanzi a cattedrali con i loro tesori e reliquie dei santi. (in quella circostanza il vescovo di Termoli si preoccupò di nascondere le reliquie di S,Timonteo, come testimonia la lapide conservata in cripta). Con la fine del duecento Termoli si avviò verso una lenta ma graduale e costante decadenza. La notte del 4 dicembre 1454 ci fu un forte terremoto che causò molte rovine alla città e al Tempio. Nel 1464 la città chiede al re Ferdinando d’Aragona l’esenzione dalle tasse per lo stato di povertà in cui si era venuta a trovare la popolazione. La Basilica Cattedrale custodisce le spoglie mortali di San Basso e San Timoteo.
Il Castello
 Il Castello è per Termoli il simbolo più rappresentativo, un'icona senza tempo, l'idea stessa della città. La sua architettura improntata a gran semplicità, priva di qualsiasi ornamento e le sue caratteristiche difensive, lasciano supporre che sia stato costruito in epoca normanna (XI secolo), nei pressi di una preesistente torre longobarda. Il castello è tuttavia definito "svevo", forse in seguito alla ristrutturazione e fortificazione voluta da Federico II di Svevia nel 1240, dopo i danni arrecati da un attacco della flotta veneziana. Il Castello era il fulcro di un più ampio sistema di difesa, costituito da un robusto muro che cingeva l'intero perimetro della città e da diverse torrette merlate, di cui una si è conservata intatta ed è situata all'ingresso del Borgo antico.
 Nel 1799 i Borboni utilizzarono la cisterna inferiore del castello come carcere, per rinchiudervi circa 300 termolesi vittime della repressione della rivolta popolare sostenuta dagli ideali giacobini. Nel 1885 l'On. Coppino lo dichiarò monumento storico di interesse nazionale. Nei primi anni del 1900 furono realizzati lavori di consolidamento alle mura ed ai bastioni, danneggiati dall'azione costante delle mareggiate. Nel 1909, per ordine dell'ammiraglio Aubry, fu costruita sulla torre del castello una torretta semaforica, oggi specola metereologica. Il castello è oggi più che mai il simbolo della sua città, centro di tantissime iniziative artistiche e culturali. Da pochi mesi è stato aperto alla celebrazione dei matrimoni con rito civile.
La chiesetta di Sant’Anna
 Situata nel borgo antico, alla destra della Cattedrale, originariamente era dedicata a S.Rocco. Fu quasi interamente distrutta da un vento furioso che fece cadere la parte superiore della facciata, il 20 novembre 1763, durante l’episcopato di mons.Tommaso Giannelli. Da una relazione del Vescovo Silvestri, del 1735, si legge che questa costruzione era adibita a cimitero, essendo sede della “Confraternita della buona morte”, legata da tempo alla Arciconfraternita dei “morti di Roma”. Nel manoscritto “Cenni storici della diocesi di Termoli” di mons. Giannelli, si legge: “essendovi per tale uso sepoltura profonda tanto che non si è mai veduta né si vedrà mai piena”. La chiesetta attuale, molto piccola, dopo recenti lavori di restauro è stata adibita a battistero. In essa è conservata un’acquasantiera del 1886 che porta inciso un teschio.
Maria SS. della Vittoria in Valentino
('a Madonn' a ll'unghe)
  Il santuario dedicato a Maria SS del Valentino sorge fuori dal centro abitato di Termoli, nella contrada omonima, in un luogo elevato che domina la valle del Sinarca. Fu costruito dai padri Cappuccini, col beneplacito del Vescovo Antonio Attilio, nell’anno 1545, lontano dal mare, nel tentativo di sfuggire alle incursioni dei pirati e formava un sol corpo con l’antico convento dei padri Cappuccini. Il 2 agosto 1566, dopo 21 anni dalla costruzione, i turchi guidati da Pialy Pascià, nel corso di un’incursione, distrussero il convento e parte della chiesa. In Termoli rimasero solo 65 nuclei familiari ed i Cappuccini, non potendo vivere di carità, cercarono altra sistemazione
  Un documento di P.Bernardino, riportato in “Memorie storiche dei Conventi e dei Cappuccini della Monastica provincia di S.Angelo”, recita: «Questa città di Termoli accolse nelle sue mura i Frati Cappuccini nell'anno 1545. Facendosi la scelta del sito per fabbricare il Convento, non parve ai Frati di star sicuri vicino al mare; e però col bene placito di monsignor Vescovo Antonio Attilio, si ritirarono dentro terra, e lo fondarono alquanto lungi, come bramavano, ed in parte assai remota e solitaria. Quivi vivevano nella pace e nel silenzio quei primi nostri Padri, quando nell'anno 1566, scorrendo per quella riviera Adriatica l'armata turchesca, sotto il comando di Kair Eddin, cioè Ariadeno Barbarossa, che sparse il terrore in Termoli, e, dopo averla con tanto eccidio delle genti di ogni età e di ogni sesso saccheggiata, empiamente l'abbrusciò, e dovettero fuggire abbandonando il Convento. Ed essendo la città quasi del tutto distrutta, e parendo ai frati di non potervi più vivere secondo lo stato loro di mendicità, più non vi ritornarono e così quel Convento rimase chiuso per sempre».
  La facciata non presenta alcun particolare di rilievo, nel rispetto della regola umile e dimessa dell’ordine francescano. La copertura è sovrastata da una vecchia “ventola” con una campanella offerta nell’anno 1914 da Carlo Cappella, presidente della Società Fratellanza e Lavoro. L’interno è ad una sola navata, lunga metri 24 e larga 8 e presenta, sui due lati, quattro archi a tutto sesto. L’acquasantiera posta a destra dell’ingresso dovrebbe essere originaria. Forse l’unico pezzo salvato alla distruzione dei turchi. Da vent'anni un comitato di donne si prodiga in restauri del santuario, per renderlo sempre accogliente per i fedeli. Le capriate di legno, marcite dalla pioggia, sono state sostituite da travetti in muratura. Fanno spicco una zoccolatura in travertino ed un moderno altare, secondo la nuova liturgia. Di recente sono state costruite due stanzette, una adibita a sacrestia e l’altra per il sacerdote. Un programma del Comitato prevede, tra l’altro, la costruzione di una sala per i pellegrini, la realizzazione dell’alberatura del largo piazzale antistante la chiesa e la realizzazione di un porticato ai due alti della stessa, per trovare riparo ai fedeli.
 Sull’altare poggia un dipinto anonimo del 1500 che rappresenta la Madonna col Bambino ed, ai lati, San Sebastiano e San Giovannino. Gli esperti affermano che i due santi, attribuiti al pittore Bucci Anselmo di Serracapriola, sono stati aggiunti successivamente, intorno al 1700; forse nel 1702, quando il Vescovo Pitirro fece riparare questa chiesa, oltre a quella di S.Antonio. Inoltre, nel corso di lavori di restauro compiuti alcuni anni fa dall’artista don Francesco Guerra, sacerdote della Madonna delle Grazie, si è scoperta a tergo del quadro la seguente scritta in lettere disposte a rovescio, leggibili allo specchio: “A VOI MIA BELLA SIGNORA OFFRO QUESTO MIO SCABROSO LAVORO PER ESSERE STATO POCO COMPENSATO IN SERRA PERCIO’ LO SPERO DA VOI MIA BELLA SIGNORA>>.
 Per molti anni la chiesetta è servita da romitorio per un vecchietto di Termoli, tale Basso Di Lallo, conosciuto come Vasselucce ‘u moneche. Il santuario della Madonn’a llunghe, come viene normalmente chiamato dai termolesi, oltre ad essere meta di pellegrini è stato e continua ad essere un simbolo religioso di conforto e protezione per il viandante. Da tempo immemorabile, ogni anno, il martedì di Pasqua, i fedeli vanno in pellegrinaggio al santuario, dando luogo ad una festa campestre, iniziata per ringraziare la Madonna per gli scampati all’orda dei turchi.
La fontana di piazza Sant'Antonio
 Come risulta dall'incisione presente su di essa, la fontana di Piazza S.Antonio è stata realizzata nel 1949 dallo scultore Renato Beretta, docente di Ornato all'Accademia di Belle Arti di Carrara, apprezzato come artista ed ideatore di vari complessi munumentali eseguiti in collaborazione con scultori quali Leonardo Bistolfi, Ettore Ximenes e Carlo Fontana nel laboratorio di "architettura ed ornato" di Carrara, ereditato dal padre Giovanni (che l'aveva fondato nel 1905); laboratorio specializzato in tutte le possibili applicazioni della lavorazione del marmo, ma soprattutto in quelle a carattere ornamentale. La fontana di Piazza S.Antonio è composta da due blocchi di marmo bianco "statuario". Nel primo blocco, quello sottostante, sono presenti bassorilievi raffiguranti quattro pesci, una rana, un polpo, un mollusco. Il secondo blocco vede stagliarsi, imponente, la figura di un giovane che sembra soggiogare quattro lunghi pesci dalla grossa testa. Il giovane uomo è seduto su due dei quattro pesci, il terzo è tenuto fermo dal piede sinistro ed il quarto, interamente visibile, cessa il suo processo di verticalizzazione (che sembrerebbe un proposito di sfida) grazie alla reazione del giovane che lo tiene stretto a sé con il suo braccio destro. Dalla bocca della rana, del polpo e dei pesci escono dodici zampilli, dei quali, il più grande e diretto verso l'alto, esce dalla bocca del pesce tenuto in braccio dal giovane.
 L'acquisto della fontana è stato deliberato con atto di Consiglio Comunale del 29 marzo 1949, sindaco il prof. Armando Di Bitonto, prevedendo una spesa di lire 1.500.000 da coprire con parte delle due annualità della rendita (ciascuna di quintali 174,14 di grano, pari a lire 1.262.515) derivante dall'acquisizione al patrimonio al Comune di un terreno del demanio, in seguito alla definizione dell'annosa controversia "Pantano" che era finita in Cassazione.
 Come curiosità, si riporta che le successive annualità di questa rendita serviranno a coprire le spese di ammortamento di un mutuo trentacinquen- nale, di lire 18.000.000, che sarà contratto per la costruzione della Casa comunale. Come ulteriore curiosità, si racconta che l'assessore Nereo Sciarretta, incaricato dalla Giunta Municipale dell'acquisto, recatosi a Carrara, per economia scelse questa fontana che gli era stata presentata come difettata (poiché il braccio dell'uomo che sorregge in alto il grosso pesce non lascia trasparire lo sforzo e per piccole lesioni presenti nei blocchi di marmo). La fontana è posizionata nel punto della piazza in cui in precedenza si trovava una grossa sfera di pietra, del diametro di circa due metri. Rimasta per molto tempo inattiva, prima per carenze idriche, poi per alcuni guasti al sistema idraulico di distribuzione, la fontana è stata completamente restaurata, in ogni sua funzione, nel maggio 2001.